
Aphorismi et sententiae de italia et italis. Italia breviter. Aforismi, citazioni, battute, invettive e riflessioni sull’Italia e gli Italiani (with English Quotes) a cura di Carl William Brown on Amazon.
Da umile servitore del genio, concordo con Carmelo Bene che l’Italia è un paese talmente pieno di teste vuote che per essere reputati dei geni non serve molto, basta nascere.
Carl William Brown
Intanto siamo nel marasma senile di una Repubblica invecchiata senza mai essere stata giovane e brillante. Vivacchia, va indietro per forza di inerzia, pretende di darsi un leader nerboruto e quando ce l’ha lo distrugge. Craxi lo hanno condannato e costretto a fuggire nel vicino Oriente, Andreotti è stato massacrato per un decennio in Corte d’ assise e assolto allorché aveva già un piede nella fossa, Berlusconi mandato ai servizi sociali e, ora, Renzi, mandato affanculo. Pochi piangono e molti esultano. Avranno le loro cattive ragioni. Il fatto conclusivo però è che siamo in balìa di quattro idioti i quali ambiscono a menare il torrone che sono capaci di menare solo al contrario rispetto agli interessi generali. Anziché mettere la croce sulla scheda elettorale siamo obbligati a metterla sulle aspettative dei cittadini. La sensazione è che non voterà più nessuno, il popolo è disgustato.
Vittorio Feltri
Quando feci per regalare questo libro ad un portiere di un prestigioso palazzo di uffici nel cuore della city di Brescia, la sua riposta fu, per carità, un libro sull’Italia, che brutta cosa.
Carl William Brown
Case distrutte e danneggiate, auto portate via dall’acqua, cittadini impauriti e travolti dalle piogge che chiedono aiuto: questa è la situazione in Emilia Romagna, regione che nelle ultime settimane è inondata e duramente messa alla prova dalle alluvioni. La sera del 18 maggio 2023 l’agghiacciante bilancio ammonta a ben 13 vittime; intanto, si registrano 42 comuni sott’acqua, 280 frane, 34mila utenze senza elettricità. Come riportato dall’ANSA, solo nella giornata di mercoledì 17 sono caduti fino a 200 millimetri di pioggia nel corso di 24 ore, con intensità massima raggiunta tra Monghidoro, Civitella di Romagna e Castrocaro Terme.
Christina Nunez
A sentire i telegiornali, in Italia è tutto in aumento: il gettito fiscale, l’occupazione, il turismo, i consumi, la cassa integrazione, le figure di merda dei politici, la corruzione, la disuguaglianza, l’affollamento delle carceri, i disastri ambientali, la prostituzione e gli omicidi, comunque, insomma, la cosa veramente rincuorante è di sicuro quella che riguarda gli omicidi.
Carl William Brown
Me spiego: da li conti che se fanno seconno le statistiche d’adesso risurta che te tocca un pollo all’anno: e, se nun entra nelle spese tue, t’entra ne la statistica lo stesso perch’è c’è un antro che ne magna due.
Trilussa
La mamma italiana non insegna ai figli il principio di responsabilità: semmai, suggerisce loro che se le cose vanno male la colpa è degli altri, o della sfortuna, o dell’invidia; che c’è sempre un modo di farla franca, almeno finché restano in famiglia.
Fabrizio Rondolino
A distanza di 11 anni dalla prima pubblicazione del testo L’Italia in breve, vi presento ora la nuova edizione, rivista, aggiornata e ampliata, con una nuova copertina, e una rinnovata veste grafica. Il libro cerca come al solito di aiutare i lettori Italiani, sempre più rari e sempre più conformisti, a capire la necessità di svegliarsi un poco e di aggiornarsi, ma non solo, anche di riscoprire l’esigenza di agire e di intervenire contro l’estrema stupidità che domina il nostro paese. Vi sottolineo inoltre che i dati riportati in questo testo fanno riferimento ad alcuni anni fa e nel frattempo le cose in Italia sono ovviamente peggiorate.
Ma vediamo subito qualche esempio per chiarirci meglio. Negli USA gli abitanti sono circa 335 milioni, i senatori sono 100, i deputati 440, i ministeri 17, le auto blu circa 90 mila e il carburante costa 0,8 dollari al litro. Per contro in Italia gli abitanti sono circa 59 milioni, i senatori 315, i deputati 630, i ministeri 23, le auto blu circa 650 mila, il carburante costa circa 2 euro al litro, con il 56% di accise.
I parlamentari italiani hanno gli stipendi più alti del mondo: ora lo dice (anche) uno studio dell’Ue. “140mila euro, ai tedeschi 90mila”. Il Quirinale riceve ogni anno 228 milioni di euro dal Ministero del Tesoro per le proprie spese. Mai era accaduto finora ma il primo dato scioccante è che al presidente della repubblica tutto questo denaro non basta per sostenere le sue spese e quelle del suo staff. Ne spende invece 243,6 milioni di euro con uno sforamento di quasi sedici milioni di euro che pesano sui ricavi dello stesso Palazzo. Tutti nelle sue tasche i 90mila euro l’anno incassati per gli ingressi, gli altri 60 mila euro per la vendita di pubblicazioni e i 40 mila euro come proventi dalle formazioni arboree di Castelporziano. Altri 200 mila euro vengono incassati da proventi in attività zootecniche della tenuta di Castelporziano e infine ancora 40 mila dalla vendita di esemplari di ÈÈfauna selvatica della stessa tenuta. In tutto sono 430mila euro. Per i dipendenti inoltre è prevista la spesa di 400 mila euro per il costo degli alimenti, poi ci sono i costi di pulizia delle stanze e 779 mila euro per la beneficenza. E gli altri quindici milioni e mezzo di euro? Non è specificato da dove arrivino ma sono per certo uno schiaffo in faccia agli italiani e alla crisi.
Passiamo ora alla situazione culturale del paese. Se osserviamo il quadro desolante dipinto dal CENSIS, scopriamo che il 49,7% degli italiani non sa indicare il periodo e l’anno della Rivoluzione francese, il 30,3% ignora chi sia Giuseppe Mazzini (per il 19,3% fu un politico della Prima Repubblica), per il 32,4% la Cappella Sistina è stata affrescata da Giotto o Leonardo, per il 6,1% Dante Alighieri non è l’autore della Divina Commedia. La realtà è che da oltre dieci anni l’Italia non si sposta dal fondo delle classifiche internazionali, staccata nettamente dalle nazioni leader come Finlandia, Giappone, Olanda, Norvegia e Svezia. È fin troppo palese, quasi una litania, ripetere che l’istruzione italiana, così com’è, non funziona. Non fornisce a giovani e adulti le competenze necessarie per navigare nel presente e costruire il futuro.
Non va meglio secondo il rapporto PIAAC ((Programme for the International Assessment of Adult Competencies) dell’OCSE, che analizza le competenze dai 16 ai 65 anni in tre aree chiave: alfabetizzazione (literacy), calcolo (numeracy) e problem solving adattivo. Si tratta di competenze fondamentali per lo sviluppo personale, economico e sociale, per l’accesso al lavoro (e quindi per una maggiore realizzazione di sé e per retribuzioni più alte) e per gestire la complessità della vita personale e civica. Ebbene, siamo dai 15 ai 20 punti sotto la media OCSE nella capacità di leggere e comprendere testi scritti, informazioni numeriche e di risolvere problemi che richiedono più variabili. Abbiamo anche un basso numero di laureati. In pratica, un adulto su tre è appena in grado di comprendere testi brevi ed elenchi organizzati, frasi brevi e semplici, e se la cava molto male con i numeri: sa solo compiere calcoli di base con numeri interi o con il denaro, comprende i decimali, ma va in difficoltà, ad esempio, con una proporzione. Questo evidenzia come le competenze acquisite a scuola non vengano mantenute né aggiornate nel tempo, ponendo l’Italia agli ultimi posti delle classifiche internazionali.
In un’epoca in cui la capacità di comprendere, analizzare e utilizzare criticamente le informazioni passa sempre più attraverso canali digitali, l’Italia sconta anche una pesante arretratezza nelle competenze digitali. Secondo l’indice DESI (Digital Economy and Society Index) della Commissione Europea, l’Italia è nelle retrovie tra i Paesi dell’UE: solo il 42% della popolazione possiede competenze digitali di base, contro una media UE del 56%. Le “digital literacies” – la capacità di trovare, valutare, creare e condividere contenuti online in modo consapevole – sono essenziali per esercitare la cittadinanza, accedere a opportunità lavorative qualificate e partecipare alla vita pubblica. Senza un deciso investimento su queste competenze, il divario con i Paesi più avanzati è destinato ad allargarsi.
Vi è poi la questione della fragilità del nostro territorio e dell’esposizione al rischio di frane e alluvioni che riguarda molte aree della Penisola. Domenico Calcaterra, Segretario Generale della FEG (Federazione Europea dei Geologi) ed esponente del CNG (Consiglio Nazionale dei Geologi) ha ricordato che delle 700mila frane presenti sul territorio europeo, ben 500mila sono in Italia. In ben 6.633comuni italiani sono presenti aree a rischio idrogeologico che comportano ogni anno un bilancio economico ed umano pesantissimo; non dobbiamo poi dimenticare che l’Italia è anche un Paese ad alto rischio sismico e vulcanico. Sono 70 anni oggi dall’ultima eruzione del Vesuvio, e oggi il Vesuvio, l’Etna e i Campi Flegrei sono tra i vulcani meglio monitorati del mondo.
Nel nostro Paese tuttavia la prevenzione è quasi inesistente: 5 milioni e seicentomila italiani vivono in una zona a rischio idrogeologico e le aree più in pericolo sono quelle del nel nord est (1.629.473 cittadini), seguito dal sud (1.623.947), dal nord ovest (1.276.961), dal centro (1.081.596) e dalle isole (90.794). Il rischio sembra aumentare perché gli eventi che si verificano ogni anno sono cresciuti nell’ultimo decennio passando da circa un centinaio ai 351 del 2013 e nei primi 20 giorni di quest’anno sono già stati 110. Grave anche il numero delle vittime, 328 negli ultimi dodici anni.
Ma l’Italia non è soggetta solo al rischio sismico. Le colate di cemento incrementano infatti anche le conseguenze di frane e alluvioni, amplificando il rischio idrogeologico che coinvolge circa 29.500 chilometri quadrati del nostro Paese, pari al 10% della superficie, con l’89% dei comuni e 5,8 milioni di persone coinvolti. Dagli anni ’70 ad oggi, in Italia, è stata coperta da cemento una superficie equivalente a Liguria, Lombardia ed Emilia Romagna messe insieme. Eppure, nel nostro Paese, il 44% del territorio è a rischio sismico potenzialmente elevato, pari al 36% dei Comuni, con 21,8 milioni di persone coinvolte e 5,5 milioni di edifici a rischio.
Silvio Seno, ordinario di Geologia presso l’Università di Pavia e Responsabile della “Settimana del Pianeta Terra” denuncia che il conto complessivo dei danni provocati in Italia da terremoti frane e alluvioni, dal 1944 al 2011 è pari a 242,5 miliardi di euro, circa 3,5 miliardi di euro l’anno, di cui il 73% riguarda i terremoti, il 25% il dissesto idrogeologico. “Dal 2010 ad oggi si stimano costi per 20,5 miliardi di euro di cui 13,3 solo per il terremoto in Emilia Romagna” ha rimarcato ancora il geologo. Seno ha quindi sottolineato che le grandi ricchezze dell’Italia “sono un vero museo naturale di straordinaria bellezza e ricchezza geologica, ed è proprio lo scopo che la manifestazione la “Settimana del Pianeta Terra” cercherà di porre in risalto e di sottoporre all’attenzione dei media, dei vari amministratori e dell’opinione pubblica.
Non ci si può nemmeno consolare con il servizio sanitario nazionale. Nel 2016 12,2 milioni di italiani hanno rinunciato o rinviato le cure sanitarie per motivi economici. Una fetta di emarginati che è notevolmente cresciuta rispetto al 2015 (più 1,2 milioni). È quanto emerge dal Rapporto Censis-Rbm. Considerando anche i cittadini che hanno avuto difficoltà economiche e si sono impoveriti per sostenere di tasca propria le spese mediche (intramoenia o in strutture private), la cifra sale a 13 milioni. Di questi, 7,8 milioni sono stati costretti ad attingere ai risparmi di una vita o addirittura a indebitarsi con parenti e amici, fino ad aprire un mutuo in banca. E 1,8 milioni sono precipitati nella fascia di povertà.
Il risultato, si legge nel Rapporto, è che la spesa sanitaria privata è lievitata a 35,2 miliardi di euro, con un aumento del 4,2 per cento in tre anni (2013-2016). In assoluto, secondo il sondaggio Rbm, l’impegno più oneroso è per le visite specialistiche (74,7 per cento), seguito dall’acquisto dei farmaci o dal pagamento del ticket (53,2), dagli accertamenti diagnostici (41,1), prestazioni odontoiatriche (40,2), analisi del sangue (31), lenti e occhiali da vista (26,6), riabilitazione (14,2), protesi, tutori e ausili vari (8,9) e spese di assistenza sociosanitaria.
Il motivo principale per cui si ricorre sempre più spesso al privato sono le liste di attesa troppo lunghe nel pubblico. Queste in parte dipendono dal sott’organico cronico di personale e dall’impatto dell’invecchiamento della popolazione sull’organizzazione socio-sanitaria. Con evidenti disomogeneità locali. Qualche esempio: “Per una mammografia si attendono in media 122 giorni (60 in più rispetto al 2014) e nel Mezzogiorno l’attesa arriva a 142 giorni. Per una colonscopia l’attesa media è di 93 giorni (più 6 giorni rispetto al 2014), ma al Centro di giorni ce ne vogliono 109.
Per una risonanza magnetica si attendono in media 80 giorni (6 giorni in più), ma al Sud ne sono necessari 111. Per una visita cardiologica l’attesa media è di 67 giorni (più 8 giorni), ma l’attesa sale a 79 giorni al Centro. Per una visita ginecologica si attendono in media 47 giorni (nel 2014 erano otto in meno), ma ne servono 72 al Centro. Per una visita ortopedica 66 giorni (18 giorni in più), con un picco di 77 giorni al Sud”. La spending review in sanità, si ricorda nel Rapporto che cita la Corte dei Conti, ha fatto ridurre la spesa sanitaria pubblica pro-capite dell’1,1 per cento l’anno in termini reali dal 2009 al 2015. Diversamente da quanto è accaduto nello stesso periodo in Francia, dove è cresciuta dello 0,8 per cento l’anno, e in Germania (più 2 per cento annuo). La differenza è lampante anche se si osserva l’incidenza della spesa sanitaria rispetto al Pil: il 6,8 per cento da noi, l’8,6 in Francia e il 9,4 in Germania.
Per non farci mancare nulla, vi sono poi le opere incompiute, un primato orgogliosamente tutto italiano, le pensioni da poveri, sempre più basse anche a causa dei salari che non crescono da decenni. Infatti l’Italia si posiziona attualmente al decimo posto nella classifica europea nei salari medi e al quarto posto per incidenza della povertà tra i lavoratori. Tuttavia, per comprendere appieno le sfide connesse al lavoro povero e al salario minimo, è essenziale esaminare questi temi separatamente. La complessità delle retribuzioni in Italia richiede un’analisi approfondita su questioni sociali ed economiche cruciali.
In buona sostanza l’Italia è sempre più un misero paese e questo si evince bene considerando la situazione salariale italiana. Sebbene l’Italia sia al decimo posto in Europa per i salari medi, confrontando con Francia e Germania emergono disparità significative, con salari medi superiori del 20% e 40%, rispettivamente. Inoltre, gli stipendi italiani sono in diminuzione da anni, rappresentando una problematica sempre più rilevante. Dalle ricerche di I-AER, Institute of Applied Economic Research, emerge che l’Italia ha registrato una diminuzione del valore reale dei salari del 12% negli ultimi 15 anni. Questo fenomeno è allarmante poiché evidenzia un aumento del lavoro povero, aggravato dall’aumento dell’inflazione.
Esaminando la distribuzione dei redditi in Italia, emerge un divario significativo. Il 50% dei lavoratori più poveri guadagna in media 12.000 euro all’anno, mentre il 50% equivalente in Francia e Germania guadagna rispettivamente circa 16.000 e 15.000 euro. Sorprendentemente, la ricchezza patrimoniale del 50% più povero degli italiani è di 37.000 euro, tre volte quella dei tedeschi e giapponesi nella stessa categoria. Il fenomeno del lavoro povero rivela quindi un paradosso fondamentale nell’economia italiana. Le cause di questo fenomeno includono salari inferiori a 9 euro all’ora, una realtà che colpisce circa 4,6 milioni di lavoratori, spingendo sindacati e partiti a sostenere un salario minimo per legge. La stagnazione dei salari italiani è legata a fattori come mancati rinnovi contrattuali, difficoltà nell’estendere la funzione sindacale nei settori a basso valore aggiunto e accordi contrattuali che minacciano la dignità del lavoro.
Tralasciamo poi la situazione della burocrazia e della giustizia, anche perché entreremmo proprio nella miglior tradizione della commedia dell’arte italiana. Secondo indagini recenti, tra le criticità più avvertite del sistema giudiziario c’è quella relativa ai tempi della giustizia: il 61,1% degli italiani indica come problematica l’eccessiva durata dei processi civili e penali, mentre appena poco più della metà riscontra come altro aspetto preoccupante la prescrizione dei processi, il 33,4%, una percentuale che si discosta di poco da quella degli italiani che ritengono problematico il basso livello di educazione alla legalità dei cittadini (32%), un dato leggermente imprevisto. A destare preoccupazione sono poi i possibili costi da sostenere in caso di contenzioso legale e il sovraffollamento delle carceri, anche quest’ultimo con una percentuale un po’ inaspettata. Per il 25% degli intervistati alla base del crescente sentimento negativo c’è “una giustizia che favorisce principalmente i ricchi, i privilegiati, i più spregiudicati”, Il 23,7% attribuisce il rancore alla “crescente disuguaglianza nei redditi e nelle opportunità di lavoro”, mentre il 18,4% individua la causa nella “burocrazia inefficiente e costosa”. Il 15,5% chiama in causa “l’ingresso incontrollato di stranieri all’interno dei nostri confini” e il 12,2% le “promesse disattese di crescita”.
Stando ai dati del ministero dell’Economia e delle Finanze, l’evasione fiscale presente in Italia è stimata in circa 110 miliardi di euro all’anno. Un importo paurosamente elevato che, comunque, appare decisamente inferiore agli oneri che i cittadini e le imprese subiscono in virtù degli sprechi, degli sperperi e delle inefficienze presenti nella nostra PA. Scorrendo i risultati di alcuni studi condotti da una mezza dozzina di istituzioni di ricerca molto autorevoli, il danno economico in capo ai contribuenti italiani sarebbe di oltre 200 miliardi di euro all’anno. Si tratta di una dimensione economica quasi doppia rispetto all’evasione”, dice la Cgia.
C’è poi il discorso sulla povertà e la ricchezza. La povertà in Italia è più o meno stabile, nel 2023 risultavano in condizione di povertà assoluta poco più di 2,2 milioni di famiglie (8,4% sul totale delle famiglie residenti, valore stabile rispetto al 2022) e quasi 5,7 milioni di individui (9,7% sul totale degli individui residenti, come nell’anno precedente). L’incidenza della povertà assoluta fra le famiglie con almeno uno straniero è pari al 30,4%, si ferma invece al 6,3% per le famiglie composte solamente da italiani. L’incidenza di povertà relativa familiare, pari al 10,6%, è stabile rispetto al 2022; si contano oltre 2,8 milioni di famiglie sotto la soglia. In lieve crescita l’incidenza di povertà relativa individuale che arriva al 14,5% dal 14,0% del 2022, coinvolgendo quasi 8,5 milioni di individui.
Comunque al di là di questi dati, sappiate che il risparmio degli italiani è in crescita e le famiglie detengono circa 5.732,7 miliardi di euro in risparmi e investimenti. Questa cifra rappresenta un aumento del 4,96% rispetto al 2023, con una crescita di 270,9 miliardi di euro. Pertanto nel 2024, la ricchezza netta delle famiglie italiane ha raggiunto 11.700 miliardi di euro, pari a 8,3 volte il reddito disponibile. La propensione al risparmio è salita al 9% del reddito lordo disponibile, un valore superiore a quello pre-pandemia. Inoltre, il saldo complessivo dei salvadanai di famiglie e imprese è aumentato del 1,5%, attestandosi a 1.363,6 miliardi di euro.
Pertanto se avete problemi di soldi, come si suol dire, sappiate altrettanto bene che qualcheduno li sta conservando al vostro posto. Pensate ad esempio alla famosa poesia “La Statistica” del poeta Trilussa che ha reso popolare la storiella del pollo per mostrare come le medie statistiche possano nascondere disparità, se qualcuno mangia molti polli e qualcun altro non ne mangia nessuno, la media potrebbe essere un pollo a testa, ma ciò non riflette evidentemente la realtà; ecco con il denaro è ancora peggio. Tuttavia c’è chi combatte per eliminare le disparità economiche, come ad esempio i sindacati o tra gli altri il maggior partito della sinistra, la cui segretaria guadagna in un anno quasi 400.000 euro, quindi potete stare tranquilli, in queste mani siete al sicuro.
Secondo Carlo Cottarelli, un brillante economista quella che segue sarebbe una cura estremamente necessaria, ma non preoccupatevi, il bel paese con tutti i suoi amministratori non aderirà per niente alla terapia. “La prima area è la semplificazione burocratica (meno regole inutili, meno enti pubblici da cui ottenere permessi, eccetera), anche in campo fiscale. La seconda area è l’efficientamento della pubblica amministrazione che ne riduca i tempi di risposta: impossibile raggiungere questo obiettivo solo attraverso la digitalizzazione. Occorre introdurre nella nostra pubblica amministrazione moderni strumenti di gestione, di monitoraggio dei risultati, di adeguati incentivi volti a premiare il merito. La terza area è la riforma della giustizia in tutte le sue componenti, per la crescita economica, ma le riforme previste sono limitate quasi soltanto ai disegni di legge già inviati in parlamento, disegni che non prestano adeguata attenzione a diversi aspetti, tra cui i fondamentali problemi gestionali dei tribunali e le procedure extragiudiziali. Servono riforme più incisive in queste aree e in alcune altre, tra cui il miglioramento della concorrenza come strumento per rendere più efficiente il nostro sistema economico.
Per concludere potremmo dire con certezza che servirebbero delle cure, e a questo pensano i nostri giovani più illuminati. Sì, sì, è proprio vero, infatti molti giovani laureati scappano dall’Italia. Negli ultimi anni, l’Italia ha visto un aumento significativo di giovani laureati che si trasferiscono all’estero, in cerca di migliori opportunità lavorative, di studio e di una migliore qualità della vita. Questo fenomeno, noto come “fuga di cervelli”, è una fonte di preoccupazione per il paese, che rischia di perdere il proprio capitale umano. Sono per l’esattezza ben 550mila i giovani tra i 18 e i 35 anni che hanno lasciato l’Italia tra il 2011 e il 2023, e i dati sono ovviamente in aumento. Per fortuna però c’è ancora la religione, e proprio per questo possiamo dire che mentre la nostra nazione è sempre più piena di pirla, il paradiso si arricchisce sempre di più di santi, e quindi sembra che alla fine non ci resti che pregare, in fondo secondo le più note credenze popolari, tutto andrà bene, e alla fine prima o dopo passeremo a miglior vita. Ecco, in sintesi potremmo quindi dire che questo libro, di natura chiaramente letteraria, storica e filosofica, può prepararci ad affrontare il grande momento.
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